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Sulla scuola

Sulla scuola ci sarebbero un sacco di cose da dire, me ne rendo conto. Ci sarebbe da dire cosa andrebbe cambiato, cosa vorremmo rimanesse uguale (ammesso e non concesso che qualcosa ci sia), le storie vissute tra i banchi di scuola e quant’altro. In questo post, ovviamente, mi soffermerò sul cosa cambierei del sistema scolastico italiano.

Questo post nasce in seguito ad una serie di discussioni avute la settimana appena trascorsa e questo pomeriggio. La prima era una comparazione (molto alla buona, dato che in trentasei minuti di treno non è che si possa fare chissà cosa, di prima mattina) tra sistema  scolastico americano e sistema scolastico italiano. La seconda, invece, aveva come oggetto la digitalizzazione dei libri di testo e i vantaggi e gli svantaggi derivante da una soluzione di questo tipo.

Per quanto le due discussioni fossero interessanti e meriterebbero un approfondimento molto maggiore, come dicevo questo pomeriggio alla Fatina dei Boschi, in principio sarebbe meglio affrontare l’argomento da un punto di vista maggiormente generalista e occuparsi dell’argomento principale: la scuola.

Tutti siamo stati studenti per un lasso di tempo più o meno lungo. E tutti, col passare del tempo, ci siamo fatti un’idea delle cose che ci andavano a genio e di quelle che non lo facevano. Ognuno di noi avrebbe voluto cambiare qualcosa dei programmi o del rapporto alunno/insegnante.

Ma, la prima cosa che personalmente cambierei, è proprio il modo in cui è predisposto il percorso scolastico dello studente. Attualmente, infatti, si fanno cinque anni di scuole elementari, tre anni di scuole medie e cinque anni di scuole superiori. Il problema di questo sistema è, fondamentalmente, quello che a tredici anni una persona difficilmente ha le idee chiare su quale percorso seguire una volta finite le scuole medie. La mia idea è, semplicemente, quella di fare cinque anni di scuole elementari, cinque anni di scuole medie e tre anni di scuole superiori.

L’organizzazione non cambierebbe di molto, a livello di materie didattiche. Alle scuole elementari verranno poste le basi generali come già è ad oggi, nei cinque anni di medie queste basi verranno rafforzate ed integrate preparando gli allievi ad un passaggio ad una scuola ancora più specialistica che permetterà di diplomarsi, nei restanti tre anni.

Le prime differenze, però, sorgono proprio in questi tre anni di scuole superiori. Nei precedenti dieci anni, infatti, le basi poste permetteranno l’abbandono delle materie non prettamente di indirizzo. Questo porterà ad una maggiore specializzazione degli ultimi tre anni che porranno le basi sia per un ingresso nel mondo del lavoro, sia per il proseguimento degli studi in un’università. La specializzazione avverrà tramite la perdita delle materie di cultura generale (o attraverso un loro drastico ridimensionamento) in favore delle materie principali (a seconda della scuola scelta, potrebbero essere l’economia/il diritto, le lingue, la matematica, la letteratura/latino/greco).

Per quanto riguarda i programmi scolastici, invece, si dovrebbe cercare di lasciare la maggior libertà possibile agli alunni con l’aumentare dell’età e della preparazione. Questo significa che, col passare degli anni scolastici, l’insegnante dovrebbe “limitarsi” a porre le basi per lasciare liberi gli studenti di approfondire gli aspetti degli argomenti che più trovano interessanti. Molti insegnanti, potrebbero storcere il naso inizialmente ed è comprensibile, dato che questo comporterebbe maggiori difficoltà per loro (avere programmi così eterogenei non sarebbe semplice, soprattutto per quelli abituati ad arrivare in classe e dettare gli appunti su cui poi verificare la preparazione degli alunni).

Con questo nuovo sistema, alle scuole elementari, non ci sarebbero praticamente differenze. I bambini imparerebbero a scrivere, a fare i calcoli e avrebbero programmi “rigidi”. Nei primi due anni di scuole medie, invece, inizierebbero ad esserci maggiori libertà. L’insegnante, su determinati argomenti, dovrebbe solo porre delle “linee guida” che lascerebbero libero lo studente di approfondire soprattutto ciò che più accende la sua curiosità (per esempio: nello studio dell’Impero Romano, uno studente potrebbe approfondire maggiormente le sue conoscenze sulle guerre puniche, mentre un altro potrebbe concentrarsi sull’ascesa e la caduta di Giulio Cesare). In questo modo, oltre agli elementi forniti tramite lezioni normali, in cui si delineano il quadro generale e alcune caratteristiche salienti che tutti dovrebbero sapere, il resto lo si lascia alla libera scelta degli studenti. Questo potrebbe portare a vivere la scuola non come un’imposizione, ma come una possibilità di approfondire ciò che più colpisce la nostra fantasia/curiosità/sete di conoscenza.

Con l’avanzare degli anni, le restrizioni diminuirebbero sempre di più sino ad avere una quasi indipendenza dello studente negli ultimi tre anni di scuola, in cui avrà i mezzi (se gli insegnanti saranno in grado di fornirli) per essere in grado di delineare la situazione generale per poi gettarsi nell’approfondimento di ciò che maggiormente gli interessa. Alle superiori, infatti, i professori dovrebbero fornire le informazioni salienti e dare modo allo studente di avere una vista d’insieme che integri ciò su cui l’alunno si è soffermato.

L’università, invece, tendenzialmente sarebbe il coronamento di un processo di emancipazione e preparazione culturale in cui i professori dovranno presentare la materia e lasciare spunti che lo studente dovrà cogliere e sviluppare in modo organico tale da permettergli di poter affrontare l’esame.

Ovviamente, in tutto questo, hanno un ruolo chiave gli insegnanti che dovrebbero allontanarsi dai vecchi schemi a cui tutti siamo abituati, per avvicinarsi di più alla figura del “mentore” che indirizza i suoi assistiti lungo dei percorsi da loro scelti senza vincolarli ad un programma statico e sempre uguale sia che si vada alle medie, sia che si vada alle superiori o, addirittura, all’università. Per fare una cosa del genere, quindi, dovrebbe prima essere formata una nuova classe docente in grado di svolgere questo ruolo. Per una riforma del genere, per quanto riguarda il corpo docente, sarebbe necessaria una profonda rivisitazione delle basi su cui si regge l’attuale pedagogia o comunque, un diverso approccio rispetto all’attuale.

Di fianco a riforme di tipo strutturali al sistema scolastico è, però, necessario anche un aggiornamento dei mezzi. Aggiornamento che non significa sostituzione completa delle care, vecchie “carta e penna” ma significa affiancare a questi elementi, strumenti multimediali. Strumenti che permetterebbero di approfondire in loco (a scuola), dove è presente anche l’insegnante, oltre che a casa. Per questo sarebbe necessario che ogni alunno fosse dotato di computer portatile (pagato in parte dalla scuola, in parte dalle famiglie, in base al reddito) oppure che le lezioni si svolgessero in aule dotate di computer fissi di proprietà della scuola con la possibilità di sfruttare quanto fatto in classe a casa, trasferendo i file su una chiavetta USB (economicamente alla portata di tutti). Questo permetterebbe, infatti, di affiancare alle classiche lezioni (che ci saranno, nonostante la grande libertà di svariare degli studenti) lezioni interattive.

Per fare una cosa del genere è, però, necessario che si decida di investire in modo forte e convinto sulla cultura e l’istruzione, con politiche chiare e che puntino a migliorare le condizioni. L’Istruzione non dovrebbe più essere uno tra i primi bacini da cui tagliare per risparmiare i fondi, ma anzi dovrebbe essere proprio la destinataria di maggiori introiti. Solo seguendo delle linee guida diverse dalle attuali (che non debbono essere per forza quelle che ho dettato in questo post), potremmo ottenere risultati convincenti e migliori rispetto agli attuali. Solo con una rivoluzione del sistema scolastico, potremmo vedere gli alunni tornare ad apprezzare la scuola, piuttosto che vederla come una noiosa costrizione, perché è anche da lì che vengono poste le basi per fare di noi le persone che un giorno saremo.

Per concludere cito una frase della Fatina dei Boschi con cui sono sostanzialmente d’accordo:

[…]Basterebbe fare l’unica cazzo di rivoluzione “copernicana” sensata di cui ha bisogno sta scuola: passare da

> Devi studiare perché ti interrogo
a
> Cristo, guarda, il mondo! Impara a conoscerlo!
Se la scuola fosse così, i professori non servirebbero, se non come guide per tracciare il percorso più efficace per lo studente che da solo si troverebbe spaesato. Non è che studio = annoiarsi (a differenza di quello che pensano anche alcuni prof)

Questo è quanto.

Cya.

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