Archivi del giorno: 28/04/2012

L’amico è…

Lo so che dal titolo sembra uno di quegli sfigatissimi temi che si facevano a scuola e che, mentre si scrivevano, pensavamo a cosa fare nel pomeriggio o nel week-end. Per fortuna non ho intenzione di fare una cosa del genere e di non citare massime di dubbio gusto e attribuzione del tipo “Gli amici sono la famiglia che uno si sceglie” (Jim Morrison) oppure “Chi trova un amico, trova un tesoro” (Giuda Iscariota riferendosi a Gesù) [NdC: Perdonate questa pessima battuta introduttiva]. E se lo facessi, consolatevi…Almeno ci sono le parolacce, che nei temi non si potevano mettere.

In un normale tema sull’amicizia o, più nello specifico, sull’amico la frase con cui si dovrebbe iniziare è “L’amico è…”, io invece farò un’importante distinzione tra tre categorie di persone che si affacciano nella nostra vita quotidiana e sono:

– I compagni di scuola/colleghi di lavoro: A meno che non si tratti dei compagni di scuola dell’asilo (o delle elementari) i compagni di scuola li ho sempre visti come persone diverse dagli amici. Sapevano il minimo indispensabile e tanto bastava sia a me, sia a loro. Lo stesso discorso è applicabile (o almeno credo) ai colleghi di lavoro. Insomma, c’è una conoscenza reciproca ma spesso e volentieri è superficiale e limitata.

– I conoscenti: Ecco, qui rientrano persone con cui si va oltre la semplice cortesia/convivenza forzata. I conoscenti sono quelle persone che ti conoscono in maniera un po’ più approfondita e con cui, magari, una serata in compagnia ci scappa pure. Spesso, i compagni di scuola che ti stanno “più simpatici” rientrano in questa “categoria”.

– Gli amici: ecco, a questo punto dovrei iniziare a spiegare chi è un amico per me ma vi potete attaccare al cazzo. Vi sorbirete un interessante excursus storico sulla concezione che ho avuto dell’amico e dell’amicizia in questi lunghi (e terribili) ventuno anni di vita (Ecco, arrivati a questo punto le scelte sono due: 1) Vedete la X la in alto, a destra? Benissimo. Premetela e sprecate il vostro tempo in un altro modo; 2) Andate avanti a leggere sto post ma non aspettatevi una beneamata minchia.) Comunque, tornando a discorrere di “cose serie”, dicevo che durante i miei ventuno anni di vita ho avuto diverse concezioni differenti dell’amicizia e degli amici.

C’è stato il primo periodo in cui la socializzazione era fondamentale e, in cui, i compagni di gioco erano anche considerati gli amici. Ero indubbiamente piccolo e il fatto di frequentare tutti gli stessi posti e vedersi tutti i giorni a scuola, dava una mano a cementare il rapporto di “amicizia” che ci legava. In questa fase, tendenzialmente, si è all’asilo o alle elementari. In questo periodo si può dire che non facessi grande distinzioni tra questa o quella persona (per quanto, era inevitabile, preferivo stare con alcuni piuttosto che con altri). Diciamo che questa è stata la mia fase dell’amicizia “ingenua” e “innocente”. Col passare del tempo, ovviamente, si è andati incontro ad una prima scrematura che portò alla creazione di “macrogruppi” in cui ad accomunarci (oltre al gioco) c’erano gli interessi. Tra l’altro la separazione del gruppo “originale”,  portò anche a prediligere la compagnia di alcuni rispetto ad altri.

Ed è in questi momenti che si entra nella seconda fase che potremmo definire (o almeno, mia nonna la definiva così) “la fase della stupidera” in cui si usciva solo con persone che erano “fighe” in modo tale da essere “In” (per quanto, temo che molti in questa fase ci siano entrati e non ne siano più usciti). In questa fase c’è una prima distinzione (molto più generica di quella fatta da me prima) che porta alla separazione tra “Amici” e “Gli altri”. In questa fase, insomma, o si è bianchi o si è neri. Non ci sono le vie di mezzo. Iniziano a verificarsi sempre più fratture all’interno del “Macrogruppo Originale” finché non si formano sempre più “Microgruppi” a sé stanti. Questa fase per me fu assai importante e durò esattamente tre anni (Estate quinta elementare – Estate terza superiore). Fu importante perché delineò la fine del “vecchio mondo” (quello dell’infanzia) per inaugurare quello più “traumatico” e “tormentato” dell’adolescenza.

Fu proprio nel periodo dell’adolescenza che, dopo varie vicissitudini e in preda ad una forma molto pesante di pessimismo cosmico, mi dissi che l’amicizia si basava sull’interesse, sul vantaggio. In breve: una persona è amica di un’altra persona fintanto che ne trae un vantaggio. Appena uno dei due trovasse una persona in grado di dargli maggiori vantaggi, l’amicizia finirebbe. Nelle dinamiche di gruppo, il tutto si riflette in maniera molto semplice: ci sono X individui che traggono vantaggi dallo stare insieme, appena un individuo diventa un “peso” (uno svantaggio, per l’appunto) lo si lascia indietro. Ovviamente questa concezione era molto materialistica e utilitaristica e, in gran parte, fu influenzata dalle “scottature” (NdC: Per i nuovi lettori: sì, sono uno sfigato di prima categoria. Sono come i niggah nei film horror). Questo periodo durò fino ai 15/16 anni.

Intorno a quell’età, infatti, si formò un gruppo di cinque persone (Coso compreso) che, dopo una difficile operazione di riallaccio dei contatti, iniziò a frequentarsi assiduamente. Questa probabilmente è la fase (Lo so, avevo detto che non l’avrei usato, ma ho mentito) “Gli amici sono la famiglia che ti scegli”. Ci si vedeva tutti i giorni, tutti i sabati si cenava insieme e si cazzeggiava in allegria. Con loro si fecero i primi mega-capodanni con After incluso. Con loro ci sono stati i veri e propri primi fallimenti e le prime conquiste.

Ovviamente la cosa non sarebbe potuta durare a lungo e, difatti, col finire delle superiori la situazione è di nuovo cambiata. Non è una vera e propria “fase” quella che attraverso adesso ma è più la consapevolezza che, in fondo, l’amicizia si basi, in primis, sulla sopportazione reciproca. Non la sopportazione che caratterizza i rapporti con conoscenti o coi compagni di scuola. Una sopportazione più profonda. Una sopportazione che ti fa andare avanti quando si litiga, che ti fa ascoltare l’amico quando è depresso per un cazzo o che ti sorbisci quando è euforico.

Ed è a questo punto (sì, gioite e giubilate) che vi dirò chi è l’amico per me, L’amico è…

Quello che, anche se non senti per mesi e mesi, con domande ben mirate ha presente l’intera situazione (E nel mio caso, la prima domanda è: “Ma allora, hai scopato?”)
Quello che conosce i tuoi genitori e passa la vigilia di Natale solo per fare gli auguri a loro.
Quello che quando giochi la peggior partita di calcio della tua “carriera” (e di brutte partite ce ne sono state tante) ti dice, credendoci più di te, “Dai, Luke, hai fatto una bella partita”.
Quello che ti tira il culo per le tue più grandi figure di merda eppure era lì a darti una mano quando avevi bisogno.
Quello che si accorge che qualcosa non vada dopo poche parole (non sono avvezzo ad usare frasi in genere…Preferisco i grugniti).
Quello che appena ha una novità (che sia anche la più infima cazzata) ti rende partecipe (in questo caso la soglia tra amico e rompicoglioni è molto sottile).
Quello che cerca di coinvolgerti in attività che normalmente non faresti perché sei troppo culopeso.
Quello che, volente o nolente, ti mette di fronte ad una situazione che tu non vorresti vedere.
Quello che, quando sei in fase di “seghe mentali”, ti ascolta tutta la sera anche se preferirebbe fare altro.
Quello che, in definitiva, ti sopporta (e supporta) più di chiunque altro sia quando le cose vanno bene, sia quando le cose vanno di merda e anche quando non vanno né bene né male.

Ecco, qui ci starebbe una frase filosofica ma non mi viene in mente un assoluto cazzo da scrivere, quindi immaginatevela.

Questo è quanto.

Cya.

(Se foste davvero arrivati ai saluti, ci tengo a dirvi che avreste dovuto cliccare sulla X quando ve lo avevo detto)

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